Non è facile esprimere in poche parole il significato di vivere in generale un’esperienza di volontariato. Si tratta di un avvenimento che spesso conduce al cambiamento della persona nella sua essenza, di un momento di introspezione con se stessi prima ancora di offrirsi agli altri, di un’occasione di miglioramento e di crescita continua.

Di seguito alcune testimonianze:

Alice – Educatrice

Foto di Sergey Shmidt su Unsplash

Quando ero piccola immaginavo di essere molte persone: la veterinaria, la maestra, la pallavolista, la cuoca… tutte, tranne quello che sono ora: l’educatrice. Si perché questo lavoro è capitato per caso, un giorno di fine agosto di 5 anni fa, presa dalla voglia di iniziare a guadagnare qualche soldino. L’inizio non è stato dei migliori, mi sentivo spaesata e spesso mi chiedevo se tutto questo facesse per me. Il tempo, però, è stato mio amico, concedendomi l’opportunità di conoscere al meglio questa realtà, e facendo si che un lavoretto diventasse così una parte di me: essere educatrice. Gli anni sono passati e io sono ancora qui, con ragazzi e bambini diversi, ma con gli stessi colleghi e una convinzione in più: “famiglia nella famiglia”, il motto della nostra Associazione, è più vero che mai. Famiglia perché essere educatrice non è un lavoro d’ufficio, da cui si riesce a staccare la testa appena varcata la soglia di casa. Infatti, si pensa e ripensa ai ragazzi, ai loro progetti, agli sbagli e ai progressi che hanno fatto. Famiglia perché la comunità è per me una seconda casa, di cui prendersi cura e in cui mi sento al sicuro. Famiglia perché a volte si litiga e ci si arrabbia, ma in un modo o nell’altro si arriva sempre a fare la pace. Famiglia perché la gioia di uno è condivisa e diventa la gioia di tutti. Famiglia perché ogni giorno ci sono tante lacrime da asciugare, ma che poi si tramutano in tantissimi sorrisi, di quelli che ti scaldano il cuore. Famiglia perché un pezzo del mio cuore sarà sempre qui, in via Robecchi 4.
In questi 5 anni di famiglia ho avuto tantissimi momenti che mi hanno fatto sentire viva, che hanno fatto di me una donna, da una ragazzina spaesata e insicura. Sono stati momenti che mi hanno portato a riflettere quanto basta poco per far star bene i ragazzi e che, spesso, sono loro a far star bene noi adulti con una semplicità disarmante, regalandoci sorrisi e ricordi indelebili, sebbene loro talvolta abbiano un vuoto incolmabile dentro.
Penso alle trasferte, cosí intense ed emozionanti; al periodo del covid, in cui eravamo così uniti che nemmeno il virus ci faceva paura; alle tante feste di compleanno passate insieme; alle sfide di “Masterchef” tra ragazzi e ragazze; alle uscite dei ragazzi e bambini, accompagnate da lettere strappalacrime e tantissimi incitamenti per l’inizio di una nuova vita, con l’augurio che potesse essere meglio di quella avuta prima del loro percorso qui.
Per me tutti i giorni sono sfide da superare, con l’impegno ad accogliere le loro paure, le loro ansie e le loro insicurezze, alleggerendo ciò che portano nel cuore e facendo si che si fidino di me e di loro stessi. Essere il loro punto di forza.


Andrea – Volontaria

Foto di Amy Humphries su Unsplash

Da quando faccio parte della comunità ho una prospettiva diversa, soprattutto mi ha aiutato a essere meno individualista è più altruista. Far parte attiva della quotidianità di queste persone mi ha reso felice, sento che con uno sguardo, un sorriso o una parola di incoraggiamento posso contribuire a rendere meno difficile una giornata grigia. Stare a stretto contatto con dei bambini piccoli mi ha insegnato la pazienza ad accettarli ed apprezzarli per ciò che sono. Ho vissuto momenti travolgenti, ma quello che più mi ha dato soddisfazione fino adesso è quando insieme ad una mamma di Villa Aurora abbiamo fatto la piramide dei bisogni, all’inizio era restia e mi chiedeva perché mi fai queste domande ma poi si è lasciata andare ed è stato un momento così intimo e quando le ho fatto la domanda: ”ti vuoi bene?” è rimasta perplessa, mi ha risposto: “nessuno mi ha mai fatto questa domanda”. L’ho aiutata a capire che anche noi come donne ma soprattutto come esseri umani dobbiamo volerci bene. Quando abbiamo finito mi ha detto: avevo paura perché mi sentivo analizzata però è stato bello mi ha aiutato a capire certe cose dentro di me.


Simona e Domenico – Volontari

Foto di Rikonavt su Unsplash

La chiamata ad essere volontari alla Casa di Accoglienza è arrivata 21 anni fa. Ci siamo sentiti subito parte di questa famiglia e abbiamo cercato di essere volontari con il cuore e non con la mente facendoci partecipi di tutto quanto poteva servire con il nostro essere presenti sempre insieme e uniti. In tutti questi anni non abbiamo dimenticato nessuno di quanti abbiamo conosciuto e amato, riconoscendo che non sono stati il fine ma il mezzo che ci ha permesso di crescere nella nostra forte umanità. Ci sosteniamo a vicenda perché ognuno di noi due possa essere presente dove serve, permettendoci così di continuare il nostro impegno. Con affetto per tutti quelli che abbiamo nel cuore.


Rossana – Volontaria

Foto di Kwang Mathurosemontri su Unsplash

Il mio approccio con il mondo del volontariato risale a diversi anni fa ed è incominciato presso la Casa di Accoglienza: una realtà educativa dove vengono accolti minori e mamme con bambini. Oggi, dopo anni di servizio, di approfondimento sia conoscitivo che umano, seppur nella dinamica delle varie accoglienze che si sono succedute, riconosco che il mio donarmi è tanto cambiato, forse più maturo e profondo rispetto ad allora. All’inizio di questa meravigliosa esperienza di vita, prestavo il mio servizio, inteso “faccio quello che serve fare”, quando potevo, ovvero “dopo aver sistemato le mie cose”, nei miei ritagli di tempo; cercando, inoltre, di non sconvolgere troppo la mia routine quotidiana al fine di compiacere sempre ai miei famigliari per garantirne l’equilibrio. Ora, riconosco che, questo pensare sia piuttosto diffuso e comunque rispettabile per chi intende il volontariato non come parte di sé, ma la mia esperienza, mi ha portato a viverlo con passione e coinvolgimento profondo. Con il passare degli anni, qualcosa in me è cambiato: le dinamiche, le realtà della Casa Famiglia, i bimbi, i ragazzi e le mamme sono sempre più entrati nei miei pensieri e nel mio cuore, a tal punto che piano piano, ho cercato e cerco di anteporre le loro necessità e quindi i miei tempi di volontaria, ai miei impegni. Certo, non sempre è facile e possibile perché la realtà personale è dinamica, ma il desiderio e la buona volontà di aiutare, prendono sempre il sopravvento ed incredibilmente tutto si incastra perfettamente senza tralasciare nulla ed le attività si svolgono bene e con naturalezza! Come se tutto si muovesse in direzione dell’altro, diventando, per me, uno slancio vitale, parte integrante della mia vita. Quanto affetto ed anche, a volte, insegnamenti di vita ricevo dai nostri bimbi, dai nostri ragazzi, dalle nostre mamme! Di questo ne sono grata. La piccola fiamma di luce che dono a loro, è da loro ricambiata da un faro di calore che scalda me e di conseguenza, chi mi sta accanto anche nel privato.


Pinuccio – Volontario

Foto di Uriel su Unsplash

Sono passati molti anni da quando ho iniziato a fare volontariato in questa realtà, poiché fin da subito ho creduto in questo Progetto. Tante sono state le esperienze vissute, a partire dal lavoro come muratore (che non sono mai stato) per la ristrutturazione della Casa di Besate con altri compagni d’avventura, e via via le attività come volontario si sono ampliate e modificate. Cerco di ricordare le più significative, come accompagnare agli spazi neutri per incontrare i genitori i ragazzi che mi “dilettavano” ad ascoltare sulla mia macchina canzoni REP cosicché si divertivano ad aggiornarmi sulle nuove tendenze musicali; occuparmi delle attività quotidiane, come cucinare piatti a loro graditi, aiutarli nei compiti, accoglierli in casa mia durante le feste natalizie, pasquali, nei fine settimana, riuscendo a fare belle passeggiate nei boschi del Ticino; andare con loro in vacanza in montagna e coinvolgerli in escursioni speciali o al mare per immergersi e giocare fra le onde. Esperienza bellissima, anche se a volte un po’ faticosa, ma appagata da sorrisi che fanno sentire quanto sei ben accolto, tanto da stupirti che sono rivolti proprio a te, che in fondo non hai fatto nulla di così speciale e da un’accoglienza quando entri nella Casa, che ti fa mettere in secondo piano i tuoi problemi per vivere momenti di pura serenità.


Chiara – Educatrice

Foto di Uriel su Unsplash

Essere educatore…
Non puoi essere educatore se non sai amare, ecco il primo grande segreto per fare bene questo complesso mestiere.
Iniziai il mio percorso andando a cucinare come volontaria ai bambini della casa famiglia di Besate, mi avvicinavo a loro così poco…come fossero vasi di cristallo pronti a rompersi alla prima parola sbagliata. A volte mi chiedevo cosa avesse spinto mia madre a dedicare anima cuore e famiglia a questo progetto.. Ma sapevo che era un progetto al di “sopra” della sua volontà. Accettare non è sempre stato semplice. Noi andavamo in vacanza con 20 bambini …
A poco a poco mi avvicinai alla comunità mamma/bambino, un mondo così diverso dal mio pensiero di famiglia, così diverso da com’ero abituata io a vedere una mamma e un papà. Iniziai ad ascoltare, le loro storie, le loro paure e la loro voglia di riscatto nella vita, una vita che per alcune è sempre stata una salita, per altre è stata stravolta da uomini sbagliati e per altre ancora segnata dalle loro stesse fragilità. E poi c’erano i loro bambini che…non importava dove si trovassero o cosa le loro mamme gli avessero fatto subire, erano le loro mamme ed erano perfette così.
Ho iniziato dall’ascolto, una parola che sembra semplice ma non lo è, ascoltare per me vuol dire non farsi trascinare, non dare sentenze, trovare la parola giusta per non ferire…vuol dire accogliere, raccogliere, seminare e innaffiare giorno dopo giorno ogni parola che ti viene detta per trasformarla in relazione di fiducia. È difficile lavorare con donne che a volte devi trattare come “bambine” perché hanno bisogno di imparare ciò che la vita non gli ha insegnato.
Dopo un po’, mi sono spostata al piano dei minori…e caspita, catapultata in un altro mondo ancora diverso, dove davvero devi mettere pali intorno al cuore perché quegli occhioni profondi te lo farebbero  a pezzi! 

Cerchi di avere uno spazio per ognuno di loro, uno sguardo, una carezza, una parola, una strategia per aiutarli a portare quella valigia così pesante…ma che in due fa fare meno fatica!

Ecco, se penso a cos’è un educatore penso proprio a questo, portare con loro la valigia della vita fino alla loro meta…e…sì, contare i giorni per poter partire in vacanza con 20 bambini come una grande famiglia, “la famiglia nella famiglia”. 


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